Articoli di Giovanni Papini

1955


in "Schegge":
Estate infedele
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXX, fasc. 222, p. 3
Data: 18 settembre 1955


pag. 3




   E ora mi lasci, estate infedele, senza che io abbia provato le vampate dei tuoi incendi quotidiani, senza che io abbia sentito il tuo fiato di fornace candente. Estate estrosa e malotica, di continuo intermezzata da gemiti di vento, da accessi di pianto, da epilessie di tempeste. Non più, come negli anni perduti, albe di castissimo oriente, meriggi d'immoto incubo solare, non più crepuscoli lunghi di sensuoso sopore, non più sipari di porpora per nascondere la fuga del sole. Ho veduto, invece, assidue migrazioni di nuvole, avanzate di nebbiame inchiostroso, aggressioni piovorne, assalti di lampi in mezzo a tumulti muggenti, radure serene di argento diluito ricoperte all'improvviso dalle nere offensive dei nembi, ma soprattutto velature fumicose e fisse che campivano l'orizzonte.
   La radio mi parlava ogni sera di continenti stravolti dai tifoni, di campagne sommerse dalle alluvioni, di città invase da fiumane di fango, di mareggiate titaniche che saccheggiavano porti e lidi, di navi squarciate e ingoiate dalla furia degli oceani, di vulcani che si risvegliavano con rigurgiti di belletta ardente e furente, di uomini sepolti dalle valanghe o combusti dai fulmini. Non mi pareva di essere nel cuore di una estate ma in mezzo alle avvisaglie di una prematura apocalisse.
   E ora, estate balzana e febbrosa, dopo aver strappato tutti i fiori, dopo avere strapazzato tutte le foglie, dopo aver scrollato tutti i tronchi, dopo aver sfogato il tuo umor nero e la tua rabbia notturna, mi lasci un'altra volta, mi deponi sulle sponde umide e grigie dell'autunno senza promesse di ritorno.
   E tu non sai, estate irosa e torbida, che forse sei stata l'ultima della mia vita e che non potrò mai più godere del tuo soave bruciamento, della tua amorosa ferocia, delle tue carezze crudeli, della tua voluttuosa oppressione. A somiglianza di tutte le feste della vita che finiscono in cadenze amare per diminuire il rammarico, così tu hai voluto, estate nemica e procellosa, che io non ti potessi rimpiangere perchè sei stata, con i tuoi furori inutili, con i lamenti uraganosi delle tue convulsioni, con le tue intermittenze di afa e di sizza, una sorta d'immagine compendiarla di tutta la mia vita, scombattuta e contraddetta.


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